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Sanità digitale: migrare workload complessi nel Cloud

22 luglio 2025

di Redazione

ESG Services - Sanità digitale: migrare workload complessi nel Cloud

Negli ultimi anni, il settore sanitario ha accelerato l’adozione di soluzioni digitali per far fronte a sfide strutturali, normative e operative sempre più complesse.

Infrastrutture eterogenee, necessità di accesso remoto e in tempo reale ai dati clinici, pressioni per contenere i costi IT e requisiti stringenti di compliance stanno spingendo le organizzazioni sanitarie a rivedere il modo in cui gestiscono i propri workload.

Con workload si intendono non solo i dati, ma l’insieme delle applicazioni, dei processi clinici e delle risorse computazionali che compongono i servizi digitali in ambito healthcare: dai sistemi PACS/RIS alla refertazione remota, dalle soluzioni di telemedicina ai portali di accesso per pazienti e medici.

La migrazione al cloud di questi workload rappresenta una transizione strategica: non solo tecnica, ma organizzativa e funzionale.

Oltre il semplice spostamento: cosa significa migrare un workload sanitario

Parlare di migrazione dei workload sanitari non significa semplicemente spostare dati da un’infrastruttura on-premise a un ambiente cloud.

Significa ripensare, in chiave moderna, l’insieme di applicazioni, servizi, flussi operativi e risorse IT che compongono l’ecosistema digitale di una struttura sanitaria.

Un workload sanitario è, a tutti gli effetti, un sistema vivente: interagisce con personale medico, con altri sistemi informativi (come ERP, EMR, LIS, RIS), genera dati in tempo reale, e supporta decisioni cliniche spesso critiche.

Migrare un workload di questo tipo richiede quindi una visione architetturale estesa, che includa:

  • Continuità operativa e alta disponibilità, anche durante la transizione: servizi come imaging, prenotazione, refertazione o triage non possono subire interruzioni. È quindi fondamentale prevedere ambienti ibridi e meccanismi di fallback per garantire la fruibilità continua.
  • Interoperabilità nativa con altri sistemi applicativi, anche eterogenei, sia attraverso standard consolidati (FHIR, HL7, DICOM) sia con API personalizzate. La migrazione deve tenere conto delle connessioni attive verso database clinici, repository documentali, sistemi di billing o telemedicina.
  • Scalabilità dinamica per adattarsi a picchi di domanda (es. campagne vaccinali, emergenze stagionali) o espansioni future. L’elasticità delle risorse cloud consente di gestire workload intensivi in modo efficiente, ma deve essere configurata per evitare overprovisioning o degrado delle performance.
  • Sicurezza by design: ogni componente migrato deve rispettare criteri di segregazione logica, crittografia, auditing continuo e gestione granulare degli accessi, mantenendo la conformità alle normative sanitarie e di data protection.

Un esempio emblematico è rappresentato dalla migrazione di un sistema di imaging diagnostico: oltre allo storage dei file DICOM, vanno considerate l’elaborazione tramite algoritmi di rendering, l’integrazione con i sistemi RIS/HIS per la tracciabilità del paziente, la gestione dei metadati clinici, e la distribuzione sicura delle immagini a medici in sedi diverse o in smart working.

Inoltre, è essenziale prevedere strumenti di monitoraggio in tempo reale dei workload migrati, sia per validarne il comportamento (availability, throughput, latenze) sia per intervenire tempestivamente in caso di anomalie.

Solo in questo modo è possibile garantire che la migrazione non si limiti a una replica tecnica, ma favorisca un’evoluzione strutturata e sostenibile dell’IT clinico.

Le 6R della migrazione: approcci strategici per workload sanitari

Nell'ambito della migrazione cloud, si utilizza spesso il modello delle "6R" per classificare le strategie possibili:

  • Retain: mantenere i workload on-premise per vincoli di sicurezza, performance o costi di migrazione.
  • Retire: dismettere workload obsoleti o ridondanti.
  • Re-purchase: sostituire applicazioni legacy con soluzioni SaaS o cloud-native, spesso adottato per workload amministrativi o di front-end.
  • Re-host: trasferire l’infrastruttura nel cloud senza modifiche (lift & shift). Riduce i tempi ma limita l’ottimizzazione.
  • Re-platform: migrazione con modifiche minime per adattarsi meglio all’ambiente cloud (es. sostituzione del database o del sistema operativo).
  • Re-architect: riprogettazione dell’intero workload per sfruttare appieno architetture cloud-native (es. microservizi, container, serverless).

Nel contesto sanitario, le modalità re-platform e re-architect offrono vantaggi significativi in termini di resilienza, aggiornabilità, gestione granulare dei carichi di lavoro e ottimizzazione dei costi operativi.

Questi approcci consentono inoltre una maggiore integrazione con ecosistemi digitali complessi, come quelli richiesti per la condivisione sicura dei dati tra strutture diverse, l'adozione di standard di interoperabilità, o l’implementazione di logiche evolute di automazione, controllo qualità e data lineage.

In questo modo, la migrazione non è solo un esercizio di modernizzazione infrastrutturale, ma diventa un elemento abilitante per la trasformazione digitale dei servizi sanitari.

ESG Services - Le 6R della migrazione Cloud

Le 6R della migrazione Cloud

Le vere sfide della migrazione: ambienti critici, dati sensibili, carichi eterogenei

I workload sanitari sono spesso critici per il funzionamento dell’intera organizzazione.

Sistemi come quelli per la gestione delle emergenze, l’accesso ai referti, o la somministrazione di terapie non tollerano fermi o ritardi.

Una migrazione mal gestita può avere ripercussioni operative immediate, generare discontinuità clinica e, in ultima analisi, compromettere la fiducia del personale medico e tecnico nel nuovo ambiente IT.

Affrontare una migrazione in ambito sanitario significa operare in uno scenario ad alta complessità, forte regolamentazione e basso margine di errore. Le principali criticità includono:


1. Interdipendenza tra sistemi

Molti workload sono strettamente interconnessi: un cambiamento nel sistema di prenotazione può avere effetti a cascata su moduli di triage, assegnazione delle risorse o processi di refertazione e fatturazione.

Alcune integrazioni si basano su API proprietarie, altre su connettori legacy difficili da replicare.

Una mappatura accurata delle dipendenze applicative, logiche e infrastrutturali è un prerequisito per garantire la continuità del servizio e per evitare colli di bottiglia o malfunzionamenti post-migrazione.


2. Qualità e coerenza del dato

I workload clinici si fondano su dati estremamente sensibili, distribuiti in formati diversi, talvolta non standardizzati.

L’integrazione di dati strutturati (es. immagini DICOM, referti codificati) e non strutturati (note cliniche, allegati PDF, email mediche) richiede processi di data cleaning, normalizzazione e validazione.

Il rischio di perdita di metadati, duplicazione di record o disallineamento tra fonti può compromettere l'affidabilità del dato e, di conseguenza, l'efficacia clinica e decisionale del sistema.


3. Gestione dei volumi

Workload come quelli radiologici o dei laboratori analisi generano flussi continui di dati ad alta densità e alta frequenza.

È indispensabile progettare meccanismi di migrazione a lotti o tramite sincronizzazione incrementale, con verifica di integrità (checksum, hash), gestione degli errori, versionamento e capacità di rollback.

L'obiettivo non è solo spostare i dati, ma assicurare che ogni oggetto migrato sia immediatamente utilizzabile e correttamente referenziato nel nuovo ambiente.


4. Sicurezza e compliance

La gestione di dati sanitari impone il rispetto di normative severe, che non si limitano alla cifratura dei dati, ma comprendono anche il controllo degli accessi, la segregazione logica, la tracciabilità delle operazioni (audit trail) e la conservazione a lungo termine.

Ogni fase della migrazione (dalla preparazione al cutover) deve rispettare i requisiti previsti da standard come GDPR, HIPAA, ISO 27001 e HITRUST, anche in presenza di ambienti multi-tenant o distribuiti geograficamente.

Inoltre, è necessario prevedere controlli post-migrazione per assicurare che le configurazioni di sicurezza siano correttamente applicate e che non si siano creati nuovi punti di vulnerabilità.

AWS come ecosistema per workload sanitari

La gestione moderna dei workload sanitari richiede una piattaforma in grado di integrare capacità infrastrutturali avanzate, servizi specifici per la compliance sanitaria e strumenti evoluti per l’orchestrazione e l’interoperabilità dei dati clinici.

AWS non è solo un fornitore di infrastruttura, ma un ecosistema completo e modulare, in grado di supportare l’intero ciclo di vita dei workload sanitari - dalla migrazione iniziale fino all’ottimizzazione continua in esercizio.

L’approccio modulare e componibile di AWS consente di costruire soluzioni su misura per ogni tipologia di carico di lavoro, indipendentemente dalla sua complessità, criticità o grado di maturità digitale.

Ciò permette alle organizzazioni sanitarie di adottare strategie di evoluzione graduali, ridurre i rischi operativi, e al tempo stesso migliorare l'efficienza, la governance e la sicurezza.

Un ulteriore vantaggio competitivo risiede nel fatto che AWS mette a disposizione servizi verticali specializzati che difficilmente possono essere replicati internamente dalle organizzazioni sanitarie, sia in termini di costi che di livello tecnologico.

Servizi come:

  • AWS HealthLake
  • AWS HealthScribe
  • AWS HealthImaging
  • AWS HealthOmics

offrono funzionalità avanzate per la gestione semantica dei dati clinici, l’analisi vocale e testuale, l’elaborazione di immagini mediche e l’analisi di dati genetici, accelerando così l’adozione di modelli di assistenza basati su dati, predizione e interoperabilità.

Grazie a questi strumenti, è possibile implementare architetture resilienti, flessibili, scalabili e pienamente conformi alle normative, anche in presenza di workload complessi, geograficamente distribuiti o soggetti a cicli di utilizzo variabili.

Buone pratiche per affrontare una migrazione controllata

Una migrazione di successo, soprattutto in ambito sanitario, non può essere affrontata come un evento isolato o puramente tecnico. Richiede una visione olistica e iterativa, che tenga conto delle componenti infrastrutturali, applicative, organizzative e di governance.

L’obiettivo è garantire che ogni fase del processo (dalla valutazione iniziale fino all’entrata in produzione) sia governata da criteri di controllo, misurabilità e progressivo miglioramento.

Le fasi consigliate includono:


1. Assessment tecnico e funzionale

È il punto di partenza imprescindibile: occorre identificare i workload candidati alla migrazione, analizzarne la criticità operativa, i vincoli architetturali, le dipendenze da altri sistemi e le conformità normative richieste.

L’assessment deve includere anche una valutazione del ciclo di vita dei workload, della loro modularità e della maturità del modello operativo attuale. In questa fase è utile classificare i workload in categorie (es. mission-critical, interdipendenti, isolabili) per definire le strategie più adatte.


2. Roadmap e definizione delle priorità

Una strategia prudente prevede l’avvio con workload non critici, o che presentano minori dipendenze esterne, per testare gli strumenti, le pipeline e i modelli operativi.

Questo approccio incrementale consente di accumulare metriche, lesson learned e feedback operativi, che saranno preziosi per la migrazione di carichi più complessi.

La roadmap deve prevedere anche fasi di rollback e checkpoint per garantire il controllo del rischio.


3. Piani di test e validazione

Ogni workload migrato deve essere sottoposto a una validazione strutturata. I test devono includere:

  • verifiche funzionali, per accertare la coerenza dei comportamenti rispetto alla versione originale;
  • test di carico, per simulare condizioni reali e identificare eventuali colli di bottiglia;
  • verifiche di sicurezza, con controlli su crittografia, accessi, segregazione dei dati e auditability. Oltre alla validazione tecnica, è consigliabile includere anche un ciclo di validazione operativa con i team clinici, per garantire la piena fruibilità del workload in produzione.


4. Automazione e CI/CD

L’uso di pipeline automatizzate per il deployment, la configurazione dell’infrastruttura (Infrastructure as Code), il monitoraggio e il rollback consente di standardizzare il processo di migrazione, minimizzando gli errori manuali e migliorando la tracciabilità.

Strumenti come AWS CodePipeline, Terraform o Jenkins possono essere integrati per gestire versioni, approvazioni e deploy orchestrati.

L'automazione risulta particolarmente utile per la gestione di workload replicabili o ad alta frequenza di aggiornamento.


5. Training e change management

L’adozione del cloud modifica profondamente le modalità di lavoro dei team IT e del personale clinico.

È quindi essenziale pianificare attività di formazione tecnica per i team operativi (DevOps, InfoSec, SysAdmin), ma anche momenti di accompagnamento al cambiamento per gli utenti finali, con focus su sicurezza, accessibilità, e nuovi flussi digitali. Il change management efficace contribuisce a creare fiducia, aumentare l’adozione e ridurre la resistenza interna al cambiamento.

Vuoi migrare workload clinici nel cloud? Ecco da dove cominciare

La migrazione dei workload sanitari nel cloud non è solo una sfida tecnologica, ma una leva per trasformare i processi clinici, ottimizzare le risorse e rendere l’IT sanitario più reattivo, sicuro e sostenibile.

L’approccio deve essere graduale, documentato, condiviso e supportato da un ecosistema cloud in grado di rispondere alle specificità normative e operative del settore healthcare.

Redazione

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