19 maggio 2025
di Redazione
Come l’evoluzione tecnologica ridefinisce la sicurezza aziendale
Zero Trust: un cambio di paradigma, non una tecnologia da implementare
I 3 principi guida per impostare il tuo percorso Zero Trust
Negli ultimi anni, il panorama tecnologico e organizzativo delle imprese è stato attraversato da una trasformazione profonda.
Le architetture applicative monolitiche sono state progressivamente sostituite da modelli a microservizi, più agili e distribuiti. Le infrastrutture IT, un tempo rigidamente on-premise, si sono evolute in ambienti cloud o ibridi, in cui le risorse sono dinamiche, scalabili e accessibili da qualunque luogo.
Parallelamente, anche la forza lavoro ha subito un’evoluzione radicale: il lavoro da remoto, le modalità ibride e la collaborazione asincrona tra team distribuiti sono diventati la norma.
Questo nuovo scenario offre enormi opportunità in termini di flessibilità e produttività, ma presenta anche nuove superfici d’attacco e complessità gestionali senza precedenti.
Di fronte a questi cambiamenti, i modelli di sicurezza tradizionali (basati su un perimetro fisico o logico da proteggere) mostrano tutti i loro limiti. Oggi, i perimetri sono sfumati o addirittura inesistenti: le applicazioni vivono in cloud pubblici, i dispositivi accedono da reti non controllate, e gli utenti operano da qualsiasi parte del mondo.
In questo contesto, non è più sufficiente decidere chi è “dentro” e chi è “fuori”.
Ogni accesso, sia esso umano o applicativo, interno o esterno, deve essere valutato in base a più fattori: identità, contesto, stato del dispositivo, livello di rischio, comportamento anomalo.
È qui che il modello Zero Trust si afferma come risposta moderna, strategica ed efficace: una filosofia di sicurezza che parte da un principio chiave: "mai fidarsi per impostazione predefinita, sempre verificare", e lo applica a ogni richiesta di accesso, in modo continuo e dinamico.
Uno degli errori più comuni quando si parla di Zero Trust è considerarlo un prodotto da acquistare o un semplice framework da “mettere in produzione”.
In realtà, Zero Trust è una strategia architetturale e una filosofia di lungo periodo, pensata per rispondere in modo strutturato alla complessità degli ambienti digitali moderni.
L’assunto fondamentale è chiaro: nessun accesso deve essere considerato affidabile a priori.
Che si tratti di un utente interno, di un dispositivo aziendale o di un'applicazione che comunica all’interno dello stesso cluster, ogni richiesta deve essere verificata in modo continuo. Il modello si fonda sull’analisi congiunta di quattro dimensioni chiave:
Zero Trust introduce così un livello di verifica continua e granulare, che non si basa più sulla fiducia implicita ma sull’osservazione dinamica e sul controllo adattivo.
Non esiste una formula universale per adottare Zero Trust. Ogni organizzazione parte da un contesto specifico, con vincoli tecnici, processi consolidati e priorità diverse. Proprio per questo è importante costruire un percorso su misura, che sia sostenibile nel tempo e misurabile nei risultati.
Pur nella varietà degli scenari, ci sono tre principi strategici che possono guidarti nella definizione di una roadmap concreta, pragmatica e adatta alla tua realtà.
Integra identità e rete in un modello coerente
Adottare Zero Trust non significa eliminare i controlli di rete, ma integrarli in modo più intelligente con i sistemi di gestione delle identità.
Non è più sufficiente sapere da dove arriva una richiesta: serve sapere chi la sta facendo, con quale dispositivo, in quale condizione di sicurezza, e con quale scopo.
I modelli più efficaci combinano soluzioni di Identity & Access Management (IAM) con policy di rete granulari, creando un’architettura in cui le due dimensioni non sono più separate, ma si influenzano a vicenda in tempo reale.
Servono policy dinamiche, contestuali e integrate, in grado di regolare ogni accesso in funzione di identità, ruolo e rischio.
Parti dai tuoi casi d’uso più urgenti
Zero Trust non si implementa in un’unica fase ma, al contrario, è più efficace procedere per gradi, concentrandosi inizialmente sui casi d’uso ad alto impatto e a bassa complessità, dove i benefici sono immediati e misurabili.
Tra i migliori candidati per iniziare:
Questi casi d’uso generano valore tangibile nel breve periodo e aiutano a costruire slancio per l’estensione progressiva del modello.
Adatta gli sforzi al valore dei dati e dei sistemi
Un’adozione Zero Trust efficace richiede prioritizzazione. Non tutte le risorse aziendali hanno lo stesso livello di sensibilità o criticità. È quindi fondamentale concentrare gli sforzi di controllo e segmentazione dove il rischio è maggiore:
Investire tempo e risorse dove l’esposizione può generare impatti rilevanti permette di massimizzare l’efficacia della strategia, contenendo al contempo i costi e la complessità.
Zero Trust, se applicato con intelligenza, non è un ostacolo all’innovazione: è un acceleratore. Permette ai team di non doversi reinventare ogni volta la logica di sicurezza, facilita la governance centralizzata e garantisce agli utenti un’esperienza più fluida ma sempre protetta.
Uno dei principali ostacoli all’adozione del modello Zero Trust è la difficoltà di inizio. Da dove partire? Quali priorità scegliere? Come evitare approcci troppo teorici o investimenti inefficaci?
La risposta sta nella definizione di una roadmap concreta e realistica, costruita su cinque pilastri fondamentali, capaci di garantire sostenibilità, coinvolgimento e risultati misurabili.
1. Definisci obiettivi chiari, misurabili e condivisi
Zero Trust ha successo solo se è compreso, accettato e sostenuto da tutta l’organizzazione, non solo dal team di sicurezza.
Il primo passo è quindi chiarire e formalizzare gli obiettivi: ridurre i rischi di accesso improprio? Facilitare la mobilità sicura? Consolidare la governance?
È utile redigere un documento di intenti che espliciti il “perché” del progetto a tutti i livelli aziendali:
2. Scegli i casi d’uso giusti da cui partire
Uno degli elementi più critici è la scelta del primo passo. Iniziare dai casi d’uso sbagliati può compromettere l’adozione del modello.
I migliori punti di partenza sono quelli ad alta visibilità e con ritorno rapido, come:
Questi scenari offrono vantaggi concreti nel breve termine, facilitano il buy-in interno e dimostrano subito il valore del modello Zero Trust.
3. Crea architetture di riferimento reali, vive e flessibili
Un’implementazione efficace richiede una reference architecture solida, capace di guidare le fasi successive e di adattarsi all’evoluzione degli asset e dei requisiti.
Non si tratta di uno schema statico da appendere al muro, ma di un modello dinamico che si evolve nel tempo.
Una buona architettura Zero Trust include:
4. Parti in piccolo, ottimizza e scala
Zero Trust non richiede un intervento massivo iniziale. Al contrario, è molto più efficace adottare un approccio incrementale, basato su sperimentazione, feedback e miglioramento continuo.
Il ciclo ideale:
Questo approccio ti permette di costruire internamente competenze, evitare errori sistemici e rendere il modello scalabile con consapevolezza.
5. Valuta retrofit vs. modernizzazione
Non sempre è necessario (o possibile) riscrivere le applicazioni esistenti da zero per adottare Zero Trust.
In molti casi, è possibile integrare controlli Zero Trust in applicazioni legacy, tramite proxy, identity-aware networking o servizi esterni.
Tuttavia, in occasione di migrazioni cloud, refactoring o sviluppi di nuova generazione, può essere strategico ripensare completamente l’architettura, integrando Zero Trust by design fin dalle prime fasi.
La chiave è saper distinguere tra ciò che può essere adattato e ciò che invece conviene riprogettare.
AWS offre un set completo di servizi cloud-native, progettati per implementare Zero Trust in ambienti ibridi e complessi, riducendo la complessità e accelerando i risultati.
Accesso verificato da AWS
Un servizio per fornire accesso remoto sicuro e VPN-less alle applicazioni aziendali.
È perfetto per abilitare la forza lavoro distribuita, rispettando i criteri di sicurezza aziendali senza compromessi sull’usabilità.
Amazon VPC Lattice
Un servizio di application networking che consente la comunicazione sicura tra componenti software, su più VPC, account e ambienti.
È ideale per architetture a microservizi, ambienti multi-team e integrazioni API.
Autorizzazioni verificate da Amazon
Un sistema centralizzato per gestire l’autorizzazione nelle app custom, separando la logica di accesso dal codice.
Semplifica lo sviluppo, rafforza la sicurezza e migliora la governance degli accessi.
Redazione